Dovremmo essere tutti femministi.
Autore: Chimamanda Ngozi Adichie
Genere: Saggio
Editore: Giulio Einaudi Editore (2015)
Pagine: 36
Prezzo: € 7,65
Pagine: 36
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In questo saggio molto personale,
scritto con grande eloquenza – frutto dell’adattamento di una conferenza TEDx
dal medesimo titolo di straordinario successo – Chimamanda Ngozi Adichie offre
ai lettori una definizione originale del femminismo per il XXI secolo.
Attingendo in grande misura dalle proprie esperienze e riflessioni
sull’attualità, Adichie presenta qui un’eccezionale indagine d’autore su ciò
che significa essere una donna oggi, un appello di grande attualità sulle
ragioni per cui dovremmo essere tutti femministi. In un contesto in cui il
femminismo era considerato un ingombrante retaggio del secolo scorso, la
posizione di Adichie ha cambiato i termini della questione. Alcuni brani della
sua conferenza sono stati campionati da Beyoncé nel brano Flawless e hanno fatto il giro del
mondo. La scritta FEMINIST a caratteri cubitali come sfondo della performance
dell’artista agli Mtv Video Music Awards e il famoso discorso dell’attrice Emma
Watson alle Nazioni Unite in cui si dichiara femminista sono segni evidenti del
fatto che c’è un prima e un dopo Dovremmo
essere tutti femministi.
Meritava di essere trascritto e merita di essere letto da tutti.
Il tema del femminismo viene snocciolato, in brevissimi capitoli, in ogni ambito: al lavoro, a casa, a scuola, in pubblico e in tutti quei luoghi dove è marcato il concetto che la donna è inferiore all’uomo.
Fondamentalmente il femminismo altro non è che l’idea che uomo e donna nella società, nel lavoro e ovunque al mondo, siano uguali. Il femminismo non è e non deve essere prettamente femminile. Tutti dovrebbero esserlo in quanto anche gli uomini devono credere che le donne abbiano i loro stessi diritti. Perché non è giusto che a parità di mansioni, lo stipendio di una donna sia inferiore solo perché ha la “colpa” di essere donna.
Perché non è giusto che una bambina pur avendo il massimo dei voti a scuola non possa essere la rappresentante di classe in quanto di sesso femminile.
Solo grazie all’educazione è possibile sterminare questi preconcetti. Bisogna educare bambine e bambini al concetto del femminismo. Per un mondo migliore.
Le donne che comandano sono una minaccia per la virilità dell’uomo.
La percentuale delle donne ai vertici di grandi aziende è, infatti,
decisamente inferiore alla corrispondente percentuale maschile e laddove
esista una donna leader, essa percepisce molti meno soldi dei
suoi colleghi maschi, nonostante le mansioni siano le medesime.
Più si obbligano gli uomini a
essere forti, più saranno deboli e più ci si aspetterà che le donne siano
crocerossine, pronte ancora una volta a farsi da parte per risanare l’ego
dell’uomo.
Le parole di Chimamanda ci
dimostrano quanto le idee correnti sul genere siano ancora estremamente
obsolete, impolverate e soprattutto claustrofobiche. L’unica soluzione
possibile è l’educazione, una cultura che finalmente possa
insegnare a bambini e bambine che nonostante biologicamente siano estremamente
differenti, la loro dignità umana ha lo stesso peso. I loro sentimenti, sogni,
speranze, emozioni così come le loro abilità non dipendono dalla produzione di
testosterone. Non c’entrano niente con il genere.
«Io vorrei che tutti cominciassimo a sognare e progettare un mondo diverso. Un mondo piú giusto. Un mondo di uomini e donne piú felici e piú fedeli a se stessi. Ecco da dove cominciare: dobbiamo cambiare quello che insegniamo alle nostre figlie. Dobbiamo cambiare anche quello che insegniamo ai nostri figli».
Essere femminista non
significa odiare gli uomini e questo l’autrice ce lo spiega bene. La sua
definizione di femminista è quella autentica che qualunque dizionario riporta: «Femminista:
una persona che crede nell’eguaglianza
sociale, politica ed economica dei sessi». Ecco qui spiegato il titolo del
libro: dovremmo essere TUTTI femministi, in quanto il termine femminista non
riguarda soltanto le donne, bensì uomini e donne che insieme credono che
ci sia uguaglianza tra i due generi.
«I maschi e le femmine sono indiscutibilmente diversi sul piano biologico, ma la socializzazione accentua le differenze. E poi avvia un processo che si autorafforza. Prendiamo l’esempio della cucina. Oggi è piú probabile che siano le donne a sbrigare le faccende di casa: cucinare e pulire. Ma qual è il motivo? È perché le donne nascono con il gene della cucina o perché anni di socializzazione le hanno portate a credere che cucinare spetti a loro? Stavo per rispondere che forse le donne nascono davvero con il gene della cucina, ma poi mi sono ricordata che quasi tutti i cuochi famosi del mondo – quelli che ricevono l’estroso titolo di chef – sono uomini.Ricordo quando guardavo mia nonna, una donna brillante, e mi chiedevo cosa sarebbe diventata se da giovane avesse avuto le stesse opportunità di un uomo. Oggi una donna ha piú opportunità di quante ne avesse mia nonna ai suoi tempi, e questo perché sono cambiate le leggi e le politiche, che sono molto importanti.Ma a contare ancora di piú sono il nostro atteggiamento, la nostra mentalità.
E se, educando i nostri figli, ci concentrassimo sulle capacità invece che sul genere? Sugli interessi invece che sul genere?».
«Conosco una famiglia con un figlio e una figlia. Hanno un anno di differenza e sono entrambi bravissimi a scuola. Quando il maschio ha fame, i genitori dicono alla femmina: «Vai a fare dei noodles per tuo fratello». A lei non piace preparare i noodles, ma è una ragazza e deve farlo. E se i genitori, fin dall’inizio, avessero insegnato a entrambi i figli a cucinare i noodles? Tra l’altro, saper cucinare è una competenza pratica molto utile per un ragazzo. Ho sempre trovato assurdo delegare una cosa fondamentale come la possibilità di nutrirsi.Conosco una donna che ha gli stessi titoli di studio e lo stesso lavoro del marito. Quando tornano a casa, è lei a occuparsi di gran parte delle faccende domestiche, e questo accade in molti matrimoni, ma la cosa che mi ha colpita è che quando lui cambia il pannolino al bambino lei lo ringrazia. E se invece le sembrasse normale e naturale che il marito si occupi del figlio?».
Evitare di parlare di
argomenti scomodi, come la disparità di genere, non annulla il divario sociale
tra donne e uomini, e questo deve cambiare. «La cultura non fa le persone. Sono
le persone che fanno la cultura. Se è vero che la piena umanità delle donne non
fa parte della nostra cultura, allora possiamo e far sì che lo diventi.»
Voto generale: ⭐⭐⭐⭐⭐/5.