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domenica 19 ottobre 2014

Il Diario di Anna Frank

Poco c'è da dire su questo "reperto storico" in chiave diario segreto. Poco perché forse ogni parola non sembra mai abbastanza, ogni giudizio sembra sempre inadeguato.

"A noi giovani costa doppia fatica mantenere le nostre opinioni in un tempo in cui ogni idealismo è annientato e distrutto, in cui gli uomini si mostrano dal loro lato peggiore, in cui si dubita della verità, della giustizia e di Dio."

Il diario di Anna Frank altro non è che una raccolta di momenti di una ragazzina ebrea costretta a nascondersi dai tedeschi in un periodo storico che per gli ebrei era tutt'altro che felice.


"Se un cristiano compie una cattiva azione la responsabilità è soltanto sua; se un ebreo compie una cattiva azione, la colpa ricade su tutti gli ebrei."

Durante la lettura del libro devo ammettere che faticavo ad attribuire certi concetti ben sviluppati ad una ragazzina in età pre ed adolescenziale. Poi però mi sono resa conto che a volte è la vita che ti fa crescere, maturare psicologicamente. Inoltre Anna amava leggere, nonostante la sua condizione di rinchiusa in casa con 2 famiglie. Non poteva mettere il naso fuori casa, nessuno doveva sapere. Eppure la sua voglia di scoprire sempre cose nuove non si arrestava mai e anzi si animava nelle letture dei libri. 

Una cosa che non sfugge durante la lettura è, per certo, l'entusiasmo e l'ottimismo che mai manca ad Anna, infatti a mio avviso questo è un libro che almeno una volta nella vita deve essere letto. É quasi assurdo credere che una ragazzina possa darci, in quelle condizioni, dei consigli di vita.

"Chi è felice farà felici anche gli altri, chi ha coraggio e fiducia non sarà mai sopraffatto dalla sventura!"

"Coloro che hanno una religione possono ritenersi felici, perché non a tutti è dato credere a cose sopraterrene. Non è neppure necessario credere alla punizione dopo la morte; il purgatorio, l'inferno e il paradiso sono cose che molti possono non ammettere; però una religione, non importa quale essa sia, mette l'uomo sulla buona strada. Non si tratta di temere Iddio, ma di tener alto il proprio onore e la propria coscienza."

Anna nella scrittura del suo diario analizza se stessa e il piccolo mondo che la circonda. Riflessioni su di sé e sul suo modo di vedere il mondo, non mancano tra le pagine. 

"Non è una mia fantasia che la vista del cielo, delle nubi, della luna e delle stelle mi renda tranquilla e paziente. È una medicina migliore della valeriana o del bromuro. La natura mi rende umile e pronta ad affrontare valorosamente ogni avversità."

"Quanto sarebbero buoni gli uomini, se ogni sera prima di addormentarsi rievocassero gli avvenimenti della giornata e riflettessero a ciò che v'è stato di buono e di cattivo nella loro condotta! Involontariamente cercheresti allora ogni giorno di correggerti, ed è probabile che dopo qualche tempo avresti ottenuto un risultato. "




Poche sono fondamentalmente le parole che mi sento in grado di spendere per questo piccolo capolavoro. Il testo parla da se e merita davvero la lettura di tutti noi, nelle scuole soprattutto... Ma anche in autonomia.

Non posso far altro che augurarvi una Buona lettura!


giovedì 24 luglio 2014

❃ Come un fiore ribelle ❃

Salve a tutti!
Vi scrivo nel pieno dell'estate dove ovviamente i libri non possono mancare!
Il libro che recensirò oggi l'ho letto praticamente tutto d'un fiato. 347 pagine circa di narrativa scorrevole e ben scritta che ho mangiato nel giro di pochissimi giorni. Avessi avuto meno impegni con l'università......!
Solitamente si dice "mai giudicare un libro dalla copertina" ma io per le copertine ho un sesto senso strano che a volte mi inquieta perché non mi fa sbagliare mai!
Ecco qui lo splendore:


Premetto che non ho letto Il gusto proibito dello zenzero... Ma brutto a dirsi, appena ho visto la copertina di questo libro senza nemmeno leggerne la trama ho iniziato a divorarlo pagina dopo pagina.

Siamo a Seattle, e William si sveglia in quella che è la mattina più festosa di ogni anno dentro l'orfanotrofio in cui vive: è il giorno in cui si festeggia il compleanno di tutti i bambini che vivono al Sacro Cuore.
Per lui è l'occasione giusta per chiedere le sue origini: dov'è sua madre? perché lo ha abbandonato?
Ricorda ancora le ninne nanne in cinese cantate per lui da quella voce soave... Non può dimenticarsene, era abbastanza grande da avere memoria quando è stato abbandonato. Ma la risposta che riceve è unica, sola, agghiacciante: la mamma è morta. Pur essendo la notizia struggente, William non ci crede, William in cuor suo sa che lei esiste da qualche parte del mondo, lui sa che lei è ancora viva.
L'unica bambina della comunità col quale si confida è Charlotte, un fiume di capelli rossi e una pelle bianca che ne fa da contrasto. Insieme passano i più bei momenti dell'infanzia, riuscendo a cogliere i bei momenti che l'amicizia riesce a donare, seppur in un contesto doloroso, colmo di discipline e obblighi.

"Credere non è vedere. Credere è sentire.’ Charlotte allungò una mano e gli diede un colpetto sulla giacca, proprio nello spazio sopra il cuore… ‘E io ti sento’."

In quel giorno unico, dove per una volta l'anno tutti i bambini vengono portati fuori per una gita, William incrocia quello sguardo che scopre di non aver mai dimenticato. È lo sguardo di una cantante cinese che fa venire a William mille dubbi e curiosità. Adesso vuole sapere a tutti i costi chi è quella donna, chi è per lui. E l'unico modo per poterlo fare è fuggire via da quella che è stata la sua casa per tanti anni, la sua bolla protettiva, per andare alla scoperta di un mondo nuovo fatto di dure realtà... ma soprattutto per andare alla scoperta della verità.



Il primo narratore che troviamo è William, i cui pochi ricordi che gli rimangono sono lontani dalla serenità e dall'affetto madre-figlio

“Mi ha lasciato solo”, pensò William, ricordando ancora l’acqua rossastra che
 gorgogliava e mulinava giù per lo scarico. Sul fondo della vasca aveva trovato una saponetta Ivory e una bacchetta laccata, con un’estremità più larga intarsiata di madreperla iridescente, e una punta stretta e affilata. William si era chiesto cosa ci facesse nella vasca da bagno.”

A lui si interpongono violenti flashback narrati da lei, Willow, l'artista cinese dallo sguardo familiare a William.

“Al suo patrigno non piaceva l’idea di avere una figlia e aveva insistito per essere chiamato zio. Lui lanciò il mozzicone di sigaretta nel canale di scolo e sputò sul marciapiede, poi le voltò le spalle e continuò a conversare.
“Tu non sei mio zio”, pensò Liu Song, “e nemmeno mio padre. Sei solo un lavandaio.”

Chiaramente l'atmosfera non è delle più felici ma i colpi di scena certamente non mancano.
Se cercate una lettura spensierata che vi rassereni, questo non è il libro che fa per voi. Ma se cercate un po' di movimento, un po' di dramma, e un buon compagno nei momenti di solitudine, eccolo!
❃ Come un fiore ribelle ❃

Buona lettura estiva!!




sabato 1 marzo 2014

Seconda recensione: Confessioni di una maschera di Yukio Mishima.

Salve lettori e lettrici!
Eccomi qui con la seconda recensione… Stavolta il libro è un tantino più complesso. Scritto da Yukio Mishima negli anni ’40, Confessioni di una maschera si sviluppa nel Giappone ai primi del ‘900.

È un libro che ho letto per l’università e che, sinceramente, ho faticato a finire. Il libro complessivamente si divide in due parti: la prima dove vediamo il protagonista bambino, alla scoperta della sua sessualità; nella seconda parte vediamo una crescita psicologica da parte dello stesso che però avviene, purtroppo, solo a fine romanzo.
Inizio con un dilemma: è un libro autobiografico? Non sempre un libro scritto in prima persona è un’autobiografia… Ce ne possiamo accorgere da diversi fattori anche se non sono significativi. In questo libro non viene mai, ripeto MAI, fatto il nome del protagonista. Questo lascia a noi (forse) l’ardua sentenza.

Beh parlando un po’ della trama, la storia si incentra sul protagonista-senza-nome il quale scopre, sin dalla più tenera età, di avere delle tendenze omosessuali. La cosa ancor più raccapricciante è che prova un piacere fisico non indifferente verso immagini crude e violente. Un giorno qualunque infatti, mentre guarda un’immagine di San Sebastiano trafitto dalle frecce (una al costato e una all’ascella), scopre la masturbazione. Man mano che il protagonista-senza-nome cresce, scopre di provare un forte piacere nell’immaginare, a fine giornata, i corpi degli uomini che ha osservato a lungo durante il giorno in veste un po’… malvagia. Li immagina in una pozza di sangue, sofferenti, nudi, e gode. 
Questa è largamente quella che io definisco la prima parte del libro, nonché la più difficile da leggere e accettare.

Nella seconda parte del libro ritroviamo lo stesso protagonista, adulto, alle prese con una ragazza: Sonoko. Qui parte la “costruzione” perenne e continua di una maschera che il giovane usa per nascondere la sua omosessualità prima a se stesso, poi agli altri. Forse più semplicemente la sfrutta per capire quali sono realmente i suoi gusti, dato che prova un certo inspiegabile sentimento nei confronti di Sonoko. Qui parte una serie di analisi, e autoanalisi, del protagonista, del suo conflitto fra forma e natura, del contrasto fra ciò che si è e ciò che si pretende di essere. Il cuore del romanzo è qui, nel conflitto interiore, nel chiedersi cosa è giusto e cosa invece non lo è.
Questo romanzo è da prendere un attimino con le pinze. Io personalmente ho faticato ad accettare  un testo autobiografico con dei punti forti quali sono la sessualità in correlazione alla morte, alla violenza e al piacere. 
Ben venga la maturazione del protagonista-senza-nome, il quale a fine romanzo si accetta per quello che è e capisce, finalmente, che quello che prova per Sonoko non è amore (non c’è passione), ma un sentimento leggermente più sottile e, sicuramente, meno potente.
E con questa breve recensione vi saluto!

Non mi resta che augurarvi… Buona lettura!!

venerdì 28 febbraio 2014

Inauguriamo il blog con la prima recensione... Io prima di te!

Salve lettori e lettrici!
Ho deciso di inaugurare questo blog, aperto oggi 28 Febbraio 2014 con una recensione dell’ultimo libro che ho letto…
Ma prima vi parlo un po’ di me! 
Mi chiamo Vanessa, sono una studentessa all’università di lingue e sono un’appassionata di lettura!  Ho deciso di aprire questo blog per il semplice voler condividere con altri lettori i miei pareri personali riguardo i libri che leggo. 
Paradossalmente la voglia di leggere mi viene quando devo preparare un esame! Forse per staccare un po’ la spina… Chissà!

In questo periodo ho partecipato ad un gruppo lettura dove tramite un sondaggio, noi partecipanti abbiamo scelto come libro da leggere “Io prima di te”. Avevo già adocchiato questo libro dato che negli ultimi tempi se ne è parlato abbastanza… E così, finito un libro per l’esame di letteratura giapponese (che recensirò pure), mi sono buttata su questo libro. Raramente leggo le trame dei libri, preferisco che sia qualche dettaglio a catturarmi. Questo perché spesso le trame contengono spoiler, e io di mio ODIO profondamente gli spoiler! 

Di questo libro se c’è una cosa che mi ha colpita è stato il titolo! Si perché ho cominciato a chiedermi in una storia d’amore… come si fa a mettere al primo posto se stessi, per poi mettere in secondo piano la persona che si ama? Si, è ovvio che per amare qualcuno bisogna prima amare se stessi ma… Voi fareste prevalere l’egoismo? Come può l’egoismo andare d’accordo con l’amore? Non dico che essere innamorati deve necessariamente comportare l’annullamento del sé, ma se c’è una cosa bella dell’essere innamorati, quella certamente sarebbe la voglia di condividersi l’uno con l’altro: non deve essere una sfida a chi è più forte, a chi fa di più i propri interessi o a chi deve prevalere.

Non pensare a me troppo spesso. Non voglio pensarti in un mare di lacrime. Vivi bene.
Semplicemente, vivi.”

Il libro parte con una storia che pare essere parallela al resto del libro, copre tutto il primo capitolo per poi bloccarsi. Al secondo capitolo infatti troviamo una storia ben diversa che andrà poi ad intrecciarsi con l’avvenimento principale del capitolo I: l’incidente di Will. Man mano che si prosegue con la lettura capiamo che Will è un ragazzo dinamico, con una bella fidanzata, che ama la vita. È bello, ricco e non ha paura della morte. Ha una bella moto, fa sport estremi…
E poi abbiamo lei, Louisa, che perde il suo lavoro storico al bar per ritrovarsi disperatamente disoccupata.
Queste sono vagamente le due storie che si intrecceranno pagina dopo pagina.

"[…]La pioggia si insinua fra il colletto e la camicia.
Arriverà in ufficio bagnato fradicio, nonostante abbia percorso solo un breve tratto di strada a piedi. Forse dovrà chiedere alla sua segretaria di andargli a comprare un’altra camicia.
Alza gli occhi di scatto sentendo uno stridio di pneumatici sull'asfalto e il violento strombazzare di un clacson. Vede il fianco del lucente taxi nero davanti a sé, il tassista che sta già abbassando il finestrino, e con la coda dell'occhio scorge qualcosa che non riesce a mettere a fuoco, diretto verso di lui a una velocità folle.
Will si volta verso quell'ombra, e nella stessa frazione di secondo si rende conto di essere sulla sua traiettoria e di non avere nessuna possibilità di scansarsi. La sua mano si apre per la sorpresa, lasciando cadere a terra il BlackBerry. Sente un urlo, forse il suo.
L'ultima cosa che vede è un guanto di pelle, un viso sotto un casco, il suo stesso choc riflesso negli occhi di un uomo. Un'esplosione, e tutto si frantuma in una miriade di frammenti.
E poi il nulla."

Quando Louisa si presenta all’ufficio di collocamento, tra i lavori consigliatele ce n’era uno in particolare che la fa incuriosire per il semplice fatto di essere ben retribuito, e la sua famiglia ha un disperato bisogno di denaro.
Quando si presenta a casa dei signori Traynor non ha ancora ben chiaro in mente quale sarà il suo compito in quella casa, e lo scoprirà solo il giorno successivo al colloquio di lavoro dov’è stata, con suo grande stupore, assunta con un contratto a tempo. Solo sei mesi.
Ben presto Louisa scoprirà che il suo compito in quella casa è semplicemente quello di far riscoprire a Will il piacere della vita, che dopo l’incidente rimane inchiodato letteralmente in una sedia a rotelle con una tetraplegia C5/6 con facoltà di movimento molto limitata in un braccio soltanto.
 Will dopo l’incidente tenta il suicidio diverse volte e arriva a un accordo con i suoi genitori: altri sei mesi di vita. Sei mesi dove i signori Traynor sperano che il figlio possa cambiare idea e riprendere a vivere. Scaduti questi sei mesi si recherà in Svizzera e porrà fine alla sua vita sul viaggio di sola andata in Svizzera. 

Dopo un iniziale sconvolgimento per la notizia appresa, Louisa decide di metterci tutti i mezzi per far tornare a Will la voglia di vivere e soprattutto spera di fargli cambiare idea.

"Io voglio che lui viva. [...] Ma voglio che viva se è lui a desiderarlo. Se non è così, se lo costringiamo a tirare avanti, non importa quanto gli vogliamo bene: diventiamo solo degli altri stronzi che gli impediscono di fare le sue scelte."


Devo dire che questo libro mi ha presa sin da subito. L’ho divorato in 2 giorni ma nonostante questo mi ha lasciata insoddisfatta. Tralasciando il fatto che il titolo in sé più si va avanti con la lettura più diventa un immenso spoiler, l’evolversi della storia e la sua conclusione me l’aspettavo diversa. Ho letto diversi pareri sul finale… Ho letto di gente che si è emozionata ma… cosa fa emozionare del finale? La lettera? Una lettera che parla quasi esclusivamente di soldi donati alla povera Louisa è emozionante? Ho faticato ad accettare questo finale perché secondo me l’amore perduto non si ripaga in denaro.
“Non ti sto dando questo denaro perché voglio che tu pensi a me con nostalgia o mi sia riconoscente o lo veda come un ingombrante ricordo.
Te lo dono perché non ho più molti motivi per essere felice, ma tu sei uno di questi."

Hai deciso di morire nonostante sai che la donna che ti ha accudito per sei lunghi mesi si sia innamorata di te, del tuo modo di essere, del tuo modo di guardare le cose. Si è innamorata di te perché tu l’hai resa una persona migliore, migliore perché deve prendersi cura di sé, migliore perché “sapere è potere”. Le hai fatto scoprire il piacere dell’ascoltare musica classica dal vivo, di vedere film in lingua sottotitolati, di leggere, leggere, leggere…
Lei al tempo stesso ha provato con tutte le sue forze e la sua volontà a farti riscoprire il piacere di una passeggiata in giardino, il piacere di sentire il calore dei raggi di sole sul viso, la sensazione della sabbia delle isole Mauritius…
Anche tu, Will, ti sei innamorato di lei… dei suoi modi di essere e di riscoprirsi.
 Eppure all’amore vince la voglia di farla finita. La voglia di dare un taglio alla dipendenza. La voglia di smetterla con le sofferenze, proprie e altrui.

“Sono consapevole che conoscermi ti ha causato sofferenza e dolore, e mi auguro che un
giorno, quando sarai meno arrabbiata con me e meno sconvolta, capirai non solo che non
avrei potuto fare altrimenti, ma anche che questo ti aiuterà a vivere una vita davvero bella,
una vita migliore di quella che avresti vissuto se non mi avessi incontrato.”

Non posso accettare questo finale in ricchezza. La ricchezza non sta nel denaro. Il valore di un dono non si può misurare nella quantità di denaro ad esso correlata. A mio avviso, un dono ha spesso più valore affettivo. Mettendomi un attimo nei panni di Louisa, che si trova a Parigi con una montagna di soldi donatagli dal ragazzo che ha amato più di chiunque altro, ma che ha deciso di uccidersi…….. Personalmente me ne fregherei dei suoi soldi. 

Ma tralasciando questo finale alquanto strano per me, ho molto apprezzato la semplicità di un amore nato per caso, un amore puro e senza doppi scopi.

"Lo baciai, cercando di riportarlo indietro. Lo baciai e tenni le labbra contro le sue finché i nostri respiri si mescolarono e le lacrime che sgorgavano dai miei occhi diventarono sale sulla sua pelle, e mi dissi che, da qualche parte, minuscole particelle del suo corpo sarebbero diventate minuscole particelle del mio, assorbite, inghiottite, vive, eterne. Volevo imprimere anche il più piccolo pezzettino di me contro di lui. Volevo lasciare qualcosa di mio dentro di lui. Volevo dargli ogni briciolo di vitalità che sentivo e costringerlo a vivere. Mi resi conto che avevo paura a vivere senza di lui. “Com’è che tu hai il diritto di distruggere la mia vita” volevo chiedergli “ma io non ho voce in capitolo nella tua?” Ma avevo fatto una promessa."

Un amore nato quasi inconsapevolmente, un amore che stenta a venire fuori per paura. Paura della reazione, paura di manifestarsi, paura di non essere accettati. Paura perché forse quella non può essere una normale storia d’amore come tutte le altre… eppure c’è la voglia di mettersi in gioco. Almeno, questo è ciò che Louisa vorrebbe fare. Mettersi in gioco per scoprire che la disabilità non conta, se in mezzo c’è un amore sincero.

E poi, il coraggio. Il coraggio di Lou di assistere l’amore della sua vita fino alla fine. Parlargli, per poi vederlo andare via… 

Sicuramente è un libro che consiglierei, perché fa capire il dono della vita. Fa alzare dal divano i più pigri perché questo è un urlo contro tutti quelli che non hanno il coraggio di godersi la vita per quello che ci offre. Un urlo contro tutti coloro che si fanno sovrastare dalla pigrizia che non fa loro scoprire emozioni nuove! 
E poi, a dirla tutta, non è nemmeno un libro troppo romantico, semplicemente ci fa riflettere.



Quali sono state le vostre emozioni? Cosa vi ha trasmesso? Fatemi sapere le vostre opinioni.... per il resto...
 Buona lettura!